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LE FASI CLINICHE

Fase acuta

Nella prima fase, quella di emergenza, molti sono coloro che sopravvivono grazie ai notevoli progressi della medicina d’urgenza e della terapia intensiva.

A questo punto si possono manifestare diverse possibilità cliniche. Normalmente il paziente entra in uno stato di coma, caratterizzato da:

  • occhi chiusi
  • immobilità
  • assenza di contatto ambientale e di manifestazioni di coscienza
  • non rispondenza agli stimoli con immobilità
  • incapacità a risvegliarsi o ad essere svegliato

Il coma comporta, dunque, l’abolizione dello stato di coscienza, delle funzioni somatiche (motilità, sensibilità, espressione e comprensione verbale) e della vita di relazione a cui si associano spesso complicanze di tipo infettivo, metabolico o neurologiche, con necessità di interventi chirurgici multidisciplinari sia d’urgenza che d’elezione.

Fase sub-acuta

Successivamente, se non sopravviene la morte o il risveglio autonomo dal coma, nell’arco di poche ore, giorni o al massimo di 3-6 settimane il paziente “apre gli occhi” e rimane, più o meno a lungo, in uno stato definito “vegetativo” (da riferirsi alla ripresa dell’attività del sistema nervoso vegetativo o autonomo e non, come si crede erroneamente, a uno stato “da vegetale”)

Esso si manifesta con:

  • apertura degli occhi
  • presenza di funzioni vegetative o autonome
  • presenza di più o meno rudimentali pattern sonno-veglia registrabili all’elettroencefalogramma (EEG) e indipendenti dal ritmo circadiano giorno-notte
  • presenza di motilità automatica e di risposte riflesse
  • mancanza di interazioni con l’ambiente
  • assenza di evidenti funzioni cognitive o di attività di coscienza
  • assenza di motilità intenzionale

Nello stato vegetativo, vi è dunque l’apparente abolizione della coscienza e delle funzioni somatiche (motilità, sensibilità, espressione e comprensione verbale) associate ad alterazioni, talora marcate, del controllo e della regolazione delle funzioni vegetative o vitali (respirazione, attività cardiaca e pressoria) e della vita di relazione. Le uniche risposte che si possono ottenere, più o meno alterate a seconda dei casi, sono di tipo riflesso. L’elettroencefalogramma (EEG) può presentare quadri molto diversi.

In questa fase, il paziente viene gestito ancora nei reparti di Rianimazione o Neurochirurgia, che sarebbe opportuno lasciare non appena vengono stabilizzate le funzioni vitali per iniziare rapidamente la neuro-riabilitazione specifica.

La complessità clinica, però, rende difficile operare un rapido trasferimento in strutture adeguate e, quindi, spesso può avvenire in reparti casuali, ovunque si possa reperire un posto di degenza, dove non possono usufruire del trattamento specifico. Le complicazioni iatrogene (ulcere da decubito, stati settici, complicazioni neurologiche, retrazioni muscolo-tendinee, etc.), che ne derivano, impediscono la possibile evoluzione positiva del quadro clinico. È così che soggetti giovani, spesso con buone possibilità di recupero, non solo non possono usufruire delle cure dovute, ma, cosa ben più grave, vanno incontro ad esiti più invalidanti di quanto avrebbe potuto determinare il danno primario stesso.

Fase post-acuta

A seconda dello stato clinico, dopo essersi stabilizzati nelle funzioni vitali, i pazienti dovrebbero essere trasferiti in unità di neuro-riabilitazione ad alta specialità, dove si prevede debbano rimanere per diversi mesi. In questi reparti viene meglio definita la prognosi sul recupero da cui dipenderanno le ulteriori scelte gestionali.

Fase degli esiti

Comunque nella maggior parte dei casi, dopo l’iter di riabilitazione, finisce l’ospedalizzazione e subentra la necessità di una dimissione, pur permanendo postumi di varia entità che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare le disabilità persistenti. La soluzione migliore sarebbe il rientro presso il proprio domicilio, ma laddove risultasse impossibile, l’alternativa è il trasferimento in una struttura di lungodegenza disponibile.