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Come affrontare una GCA

Un strada impegnativa da percorrere. Noi ci siamo

Bisogna comprendere che purtroppo, così come dice la parola stessa, una GCA è una lesione cerebrale grave che comunque comporterà conseguenze severe, e quindi bisogna avere la consapevolezza che la persona colpita non tornerà ad essere la stessa.
La famiglia deve prepararsi ad affrontare vari scenari.

Sulla base dell’esperienza che l’Associazione Risveglio Onlus ha maturato nel corso degli anni a fianco di famiglie colpite da GCA, nella piena consapevolezza del tragico vissuto che comporta un tale percorso e proprio nella volontà di accogliere ed aiutare le famiglie, è necessario evidenziare alcuni aspetti fondamentali.
Prima di tutto, è importante sottolineare l’impatto che ha la famiglia nel momento in cui avviene un danno cerebrale. Solitamente si vive il disorientamento di fronte a qualcosa di sconosciuto. Diversamente da ciò che accade con malattie conosciute o già sperimentate, un evento cerebrale non è qualcosa di “codificabile” e di possibile previsione a lungo termine degli esiti. Diventa immediato, quindi, farsi travolgere dall’ansia e da assillanti quesiti che, soprattutto nelle fasi iniziali, non possono ricevere risposta certa ed esaustiva.

Attualmente nella fase di emergenza il paziente viene gestito in reparti intensivi di medicina di urgenza e di rianimazione per un’immediata stabilizzazione delle funzioni vitali e per un tempestivo trattamento fisico dei problemi di interesse chirurgico, primo fra tutti quello neurochirurgico, oltre per il contenimento dei danni secondari che intervengono a cascata dal momento dell’evento in poi. Molti sono coloro che sopravvivono in questa fase(fase acuta) A cui subentra un periodo di durata variabile, da alcuni giorni ad alcune settimane ( fase sub acuta) E talvolta mesi, a seconda dell’insorgenza di complicanze di vario tipo che, con estrema facilità, possono instaurarsi e autoalimentarsi, a circolo vizioso, in un paziente così fragile, in cui una grave alterazione dello stato di coscienza e la stessa protratta immobilità sono fonte di disastri clinici spesso irreparabili. Nelle parti intensivi e nemmeno la necessità di permanenza non appena il paziente abbia recuperato la respirazione autonoma è una stabilità clinica, pur permanendo la necessità di una gestione complessa, legata alle molteplici caratteristiche che questa fase presenta.
Da qui inizia la necessità di trattamenti neuro-riabilitativi (fase post acuta) al termine dei quali diventa necessaria la dimissione dei sistemi ospedalieri e il reinserimento sociale. Nella maggior parte dei casi permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare le disabilità persistenti e le difficoltà di reinserimento familiare e sociale (fase degli esiti).

Infatti, problematiche di tipo familiare e sociale spesso precludono o ritardano la domiciliazione, creando una strettoia nell’intero flusso di assistenza con rilevanti ripercussioni a monte: si verifica allora una permanenza ingiustificata di pazienti in ambiti intensivi, dove i costi per l’assistenza giornaliera sono elevati, con conseguente indisponibilità di nuovi posti per pazienti con incipiente grave patologia cerebrale.

Ben conosciamo le dinamiche emotive che si sviluppano in ambito familiare, ma ciò nonostante il consiglio è di non farsi guidare solamente dalle emozioni e dal forte senso di impotenza che naturalmente sovrasta, ma di cominciare a comprendere concretamente la nuova realtà che si sta delineando. Frustrazione, sensi di colpa, impotenza, disorientamento, ripercussioni negative nell’ambito famigliare e lavorativo riverberano a circuito chiuso. Ovviamente la necessità di essere compresi e tranquillizzati diventa fondamentale, ma in realtà qualsiasi accoglienza non riesce nei fatti a lenire questi vissuti e il forte stato d’ansia. Ribadiamo quindi la necessità di attendere, capire le fasi specifiche e cominciare a comprendere praticamente la nuova realtà che già si sta iniziando a vivere. La fase post-acuta è sicuramente il momento più delicato. La speranza si scontra quotidianamente con la consapevolezza e questa frustrazione, se non gestita adeguatamente, provoca inevitabilmente una graduale perdita di concentrazione lavorativa, mancanza di stimoli e rischio di depressione costante.
Inoltre, soprattutto durante questi mesi, esiste un forte rischio di contrasto nella famiglia stessa, legato a pareri, decisioni, punti di vista differenti, laddove invece occorrerebbe condividere per fare sinergia ed affrontare con rinnovata forza la drammatica situazione che li sta colpendo. Molto importante sottolineare l’esigenza di ascoltare i consigli dei medici e di non farsi incantare da miti e leggende lette su internet o viste nei film, a volte addirittura dannose. Ad esempio, far ascoltare musica, parlare, fare domande o stimolare continuamente le persone in coma, in stato vegetativo o con grandi difficoltà a relazionarsi, non sempre aiuta. L’interpretazione di piccoli movimenti o riflessi come risposte alle nostre parole è sicuramente importante e da condividere con il medico, ma non deve creare aspettative che potrebbero essere disattese.

Si può essere invece di grande aiuto integrandosi in un programma di gestione concordato con l’equipe di cura. Per esempio può essere molto utile essere vicini e far sentire la propria presenza attraverso il tatto, che è il senso più antico, il più facile, con maggiore penetranza, in alcune ore per potenzialmente indurre il senso del ritmo della giornata e del tempo, oppure sollecitare l’apparato visivo o uditivo con stimoli semplici e di breve durata, per evitare l’assuefazione o perdere quel minimo di attenzione che, qualora presente, è facilmente esauribile. Una volta che l’ospedalizzazione finisce, a seconda della gravità degli esiti riscontrati, inizia la fase di organizzazione famigliare vera e propria. E’ importante avvalersi di strutture adeguate o farsi aiutare da persone competenti per sviluppare un piano d’azione, esterno o domiciliare, valido e serio. La speranza di ulteriori recuperi rimane e deve rimanere, ma è fondamentale comprendere che qualsiasi traguardo va conquistato “sul campo” in termini non sempre prevedibili.

Per questo, noi ci siamo.